Ebbene sì, dico, sono passati 15 anni da quando il destino o il caso mi ha cambiato la vita radicalmente. Una mattina come tante altre, purtroppo, mi sono ritrovata a fare i conti con una cosa che, allora, era più grande di me. La mia prospettiva di vita è cambiata in un battito di ciglia. Nemmeno il tempo di accorgermene, di apprezzare gli ultimi momenti di una vita che era apparentemente tranquilla e, bene o male, spensierata. Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, tutto mi sembrava surreale.
Tutt’oggi, quando lo descrivo, mi sembra di raccontare una cosa che, per come è accaduta, sembra assurda. Ripenso ad ogni attimo passato, alle tappe vissute quella mattina anche se qualche vuoto mi rimane, penso a come sarebbe andata se non fossi stata a scuola, se fossi arrivata subito al pronto soccorso… “se… “. Non conta niente pensare a tutto questo, adesso. Ho dovuto riprendere la mia vita in mano e ricominciare a costruirla, da un’altra prospettiva.
Non ero più una ragazzina di 13 anni, spensierata ed indipendente, per quello che si può, ma una persona totalmente dipendente, seduta e priva di sensibilità. Con quest’ultima intendo quella motoria perché quella dell’anima è cresciuta in maniera esponenziale. Mi sono ritrovata a fare i conti con flebo, tubi, cateteri, con persone che mi monitoravano spesso e tutto. Mi chiedevo perché, perché proprio a me! Ero entrata in un mondo che non volevo, non accettavo, in un mondo che prima, stupidamente, ignoravo. Vedevo passare persone in carrozzina e non riflettevo su cosa li avesse portati a quella situazione, non pensavo al fatto che non ci si nasce solamente, ma ci si può diventare per svariati motivi. Più di quelli che una persona può realmente immaginare.
Quando si ha la fortuna di stare bene, di aver la salute e di non aver mai avuto niente di così grave per cui lamentarsi veramente, purtroppo, non si riflette su come le cose potrebbero essere differenti, su quante persone soffrono, quante persone seppur aventi tantissimi problemi affrontano la vita senza alcuna lamentela e con grande forza. Quando si sta bene, spesso, si è egoisti, anche inconsapevolmente. Ci si lamenta di un’unghia rotta di fronte a persone che ne vorrebbero mille al posto del loro male. Beh, è successo anche a me. Solo quando ti succedono le cose, quando vivi in prima persona determinate vicissitudini allora puoi capire realmente. Mi sono ritrovata così giovane a fare i conti con la vita. Tante persone si sono allontanate da me, non sono riuscite ad affrontare la mia situazione, tante altre invece le ho acquisite nel corso di questi anni. Le più vere.
Beh, nella sofferenza impari realmente cosa vuol dire vivere e conosci le persone che ti vogliono realmente bene, quelle che sono al di fuori da ogni opportunismo e quanto altro. Non che anche in questa situazione non mi sia imbattuta in quel genere di persone, perché purtroppo ce ne sono sempre, ma la cosa cambia.
In questi anni ho avuto modo di riflettere su tante cose, bene o male. Quando si ha molto tempo per pensare, è finita. Si riflette sulla vita, sul concetto di amicizia, di amore, su quali sono le aspettative, su come sono cambiate le cose e le priorità. Un giorno ti svegli, sei un’altra persona e ti tocca vivere di conseguenza anche i tuoi desideri in maniera diversa. Ho vissuto i traguardi più belli negli occhi delle persone che mi stavano accanto, dai loro racconti e dalle loro esperienze. Lo scooter, la patente, i primi amori, le prime serate in discoteca. Io, solo in parte, ho affrontato le cose anni dopo. Quando sono riuscita a metabolizzare, più o meno, determinate cose. All’inizio ogni parola era un pugno nello stomaco, vedevo loro contenti e io sapevo di non poter raggiungere quel traguardo, non in maniera momentanea ma permanente. Cambiano i sogni, i desideri, cambiano le prospettive di vita, cambia il modo di pensare e di vedere le cose, di vivere i rapporti, di approcciarti alle persone, alle cose, alle situazioni. Cambia tutto! Negli ultimi anni, per scremare sin dall’inizio le persone che conoscevo sui vari social, mi presentavo direttamente così, alla brutta: “Eleonora, sono una ragazza in carrozzina…”. Non volevo aspettare tanto a dire questa cosa perché so che molte persone si sono fatte influenzare e hanno cambiato il loro pensiero su di me dopo aver detto ciò. Indipendentemente dal fatto che questa cosa sia poco felice e che io abbia fatto 13 al toto calcio dopo aver perso queste persone, ogni volta era una botta nei denti. Ma, pian piano che passava il tempo, la prendevo sul ridere. Scommettevo in quanto tempo le persone si dileguavano, cosa avrebbero detto dopo e cose simili. Ebbene sì, ero io a prendere in giro loro. Assurdo.
Con il tempo si impara ad affrontare tutto, se lo si vuole. I pugni nello stomaco diventano meno dolorosi perché, in un modo nell’altro, si affronta diversamente il dolore. Tante volte ho pensato di mollare la presa, ma non l’ho mai fatto. Non realmente. La vita è una e non ci sono seconde possibilità. Va vissuta e se anche non è quella che vorremmo, possiamo cercare di arredarla nel miglior modo possibile, per renderla almeno vivibile. Un po’ come quando ci si trova in un tunnel, diciamo così. Arredato, reso vivibile fino a quando non si trova la luce, la via di scampo. Che, in questo caso, può essere semplicemente la pace interiore. Non sono qui a scrivere che questi anni siano stati facili, assolutamente no, ma volendo le cose si affrontano. Se mi fermo a pensare “troppo” a tutto ciò che mi è successo, sento ancora gli odori e le sensazioni provate in quei determinati istanti. Ricordo ogni singolo passaggio, ogni singola emozione provata e sospiro. Mi nascondo dietro ad un “è la vita”, almeno per dare la colpa a qualcosa. Stupido, vero? Però a volte serve anche questo. Ogni anno che passa mi rendo conto di quanta strada io abbia percorso e questo mi fa tirare un sospiro di sollievo e mi fa dire: “beh, Eleonora, tutto sommato andare avanti non è così male”. Quindi si, non mollo. Non dovete farlo nemmeno a voi. Voglio ottenere il mio posto nel mondo, voglio essere contenta di me stessa e soddisfatta di ciò che ho intorno.
Voglio trovare un equilibrio stabile, che non mi faccia vacillare ogni volta che un ricordo o un desiderio particolare si insinua nella mia mente, voglio trovare la forza per affrontare tante altre cose che, prima o poi, dovranno accadere. Si chiama “corso della vita”. E la fortuna, al giorno d’oggi,
è averne una da poter raccontare, in un modo o nell’altro. Il mio è e continua ad essere
un “work in progress”.
6 Comments
Davide Taralli
4 febbraio 2016 at 11:20Grazie per il tuo bellissimo e istruttivo post.
info@twinstyling.com
5 febbraio 2016 at 12:16Ciao Davide, grazie a te per aver letto il mio post e per aver lasciato questo commento! Inizialmente non sapevo bene come approcciarmi a questo mondo, ma bisogna portare avanti questa lotta! Un bacio, E.
Pina
4 febbraio 2016 at 11:28Ciao Eleonora, leggendo le prime righe, ho avuto un attimo di smarrimento: sembrava che a parlare fossi io. Mi sono ritrovata molto nel tuo racconto. Io di anni ne avevo 17…
info@twinstyling.com
5 febbraio 2016 at 12:16Ciao Pina, penso che ci siano tante persone che possano ritrovarsi, come noi due, in questo racconto e, purtroppo, c’è poca informazione! 17 anni, giovanissima anche tu. C’è da lottare, sempre! Grazie per la lettura del post, grazie per aver condiviso questo momento con me. Un abbraccio, E.
The Loopdido1
16 marzo 2016 at 9:32cara eleonora..sono mamma di un bambino disabile…che cammina ma con grandi difficoltà ..non posso che comprenderti <3
info@twinstyling.com
17 marzo 2016 at 13:36Carissima, eccomi. Oggigiorno, situazioni come le nostre ce ne sono tantissime, ma non vengono “prese in considerazione” come dovrebbero. Siamo noi i veri eroi, che lottiamo ogni giorno contro l’ignoranza ed il pregiudizio, i veri grandi limiti del millennio. Beh, dai un bacio al tuo bimbo da parte mia! Un abbraccio grandissimo.